Rocco von Mentlen

Ingegnere e deputato di spicco, si spense a 57 anni per «colpo apoplettico», mentre presiedeva una riunione del Consorzio del Torrente Dragonato, il pomeriggio del 2 marzo 1890. Riportiamo, in parte, a ricordarne la figura e l’attività, l’orazione funebre pronunciata sulla sua tomba dall’avvocato Attilio Pedrazzini.

Rocco von Mentlen nacque a Bellinzona il 4 febbraio 1833 dall’ingegner Giovanni Rocco e da Virgina Bazzoni. Fece i suoi studi ginnasiali nel Collegio dei Padri Servili in Mendrisio e seguì il corso filosofìco in Milano. Ottenne dappoi il diploma d’ingegnere a Pisa dove ebbe la fortuna d’assistere alle lezioni dell’illustre professore Massoni già capodiscepolo ed intimo amico del di lui genitore. Dell’antico maestro egli conservò sempre graditissima ed affettuosa memoria e più volte ebbe a narrarmi, commosso, di una preziosa visita che l’illustre professore si compiacque fare nel 1854 all’amico ingegnere von Mentlen sul di lui letto di dolore e di morte.

 

Sposò a 25 anni Valeria Bonzanigo figlia del Consigliere Pietro, di venerata memoria, e fu allietato dalla nascita di quattro figli. La sua vita scorreva beata e felice nel suo tranquillo soggiorno alla Chiossa, all’orquando una domestica sciagura immergea lui, la diletta consorte ed i figli nel più doloroso lutto. Il suo primogenito, il dilettissimo suo Mario, gli veniva improvvisamente dalla morte rapito a Wurzburg, nella rosea età di diciott’anni.

 

L’ingegnere von Mentlen era uomo spiccatamente moderno per la coltura dello spirito, per l’ardente desiderio del meglio, per l’entusiasmo che suscitavano in lui le conquiste della scienza, soprattutto per il disdegno di ogni pregiudizio di casta e per un sentimento profondo della solidarietà e dignità umana. Ma apparteneva al passato per la suprema cortesia dei modi, per una signorile raffinatezza del tratto, per un profumo di cavalleresca gentilezza che tradiva in lui, a primo aspetto, il gentiluomo di antico stampo.

 

Nè questa cortesia sua era forma ed apparenza soltanto: aveva radice in un cuore largo e generoso, in un bisogno intenso di compiacere agli altri, di posporsi agli altri, di dare altrui quanto più poteva di sé.

 

Fra tutte le doti rarissime onde natura gli fu larga, egli seppe con forma sempre gioviale e squisitamente faceta velare la maggiore serietà di pensiero e di proposito, la maggiore importanza di lavoro. Ma celesta maniera di porgersi tra compagni ed amici, meglio che movimento scherzevole e leggiero era una forma inimitabile della sua sublime modestia, per cui volle mostrarsi sempre da meno di tutti benché si estollesse tra tutti, e dall’universale riscuotesse riverenza e simpatia. Pure tale modestia, sentita e professata con indicibile perseveranza e schiettezza, non valse a sottrarlo ai gravi uffizi che sostenne splendidamente. E per due legislature troviamo l’ingegnere Rocco von Mentlen nel Supremo Consiglio della Repubblica quale rappresentante del Circolo di Giubiasco.

 

Anche in Gran Consiglio, nel campo della lotta politica in tutta la sua rude asprezza, egli, che rifuggiva da ogni fiacchezza, come da ogni intemperanza, emerse per spirito conciliante, fine giudizio, rettitudine squisita e per il caldo amore del bene che ei recava nell’adempimento di ogni suo dovere.

 

Entrato nel 1853 nelle milizie, dopo un anno fu nominato sottotenente nel Genio. Salì poi ai gradi di primo tenente nel 1866, di capitano nel 1871, e non è da dirsi quanto fosse stimato e anche amato dai superiori e dagli inferiori. Ma dove più rifulse la sua grand’anima si fu nel terreno sociale. Nessuna idea od opera di pubblico interesse o di beneficenza nel paese lo lasciò infatti indifferente. Appassionato agricoltore, egli promosse e propugnò tutto quanto per il miglioramento e prosperamento dell’agricoltura fin sia qui fatto o tentato nel nostro Cantone.

 

Fu lui che per primo caldeggiò l’idea di un Asilo Infantile a Giubiasco e l’idea sorresse con senno e con larghi sussidi. L’asilo sorse e lo ebbe vicepresidente del Consiglio d’amministrazione ed Economo. Da lui partì il primo pensiero dell’erogazione dei fondi della cessata Cassa di Risparmio a benefìcio di quell’opera di beneficenza ed altre cospicue donazioni ottenne dalla propria famiglia e da quella di sua moglie.

 

Promosse attivamente la fondazione della Banca Popolare Ticinese, alla quale dedicò sempre le più zelanti ed assidue cure. Presidente del di lei Consiglio d’amministrazione, ei cadde otto giorni dopo aver presieduta quell’Assemblea generale degli azionisti, in cui con legittimo orgoglio e colla maggior soddisfazione egli poteva annunciare che l’Istituto, tanto caro al suo cuore, era ormai assiso su granitiche basi e che allo stesso si schiudeva la certezza d’un brillante avvenire.

 

Che più? Soldato del disinteresse e del dovere, ei muore sul campo del dovere, nell’esercizio di una mansione di interesse generale, presiedendo la Delegazione del Consorzio dei ripari del torrente Dragonato. Dopo la morte del primogento Mario, Rocco von Mentlen perse anche la figlia Virginia (sposatasi con uno Scazziga di Locamo) e i figli Rocchino ed Erminio, il quale come ultima volontà, auspicò la creazione di un istituto per l’infanzia abbandonata; fedele a questo proposito la madre Valeria destinò, per testamento nel 1907, tutta sua sostanza all’attuazione dell’intendimento del figlio. Si avrà così quello che sarà inizialmente chiamato il Ricovero Erminio von Mentlen.

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